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TEST BRCA: NE PARLIAMO CON L’OSSERVATORIO NAZIONALE SULLA SALUTE DELLA DONNA

19 Settembre 2018
Serena Mingolla

autore:

   

TEST BRCA: NE PARLIAMO CON L’OSSERVATORIO NAZIONALE SULLA SALUTE DELLA DONNA

Onda è l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e, circa due anni fa, ha avviato una attività di ricerca per esplorare la propensione degli ospedali a proporre il test BRCA rispetto ai criteri stabiliti dalle Raccomandazioni delle principali Società Scientifiche, il livello di informazione delle pazienti, il percorso intrapreso prima di arrivare alla decisione di sottoporsi al test e la tendenza degli oncologi a inviare la pazienti al test. Sentiamo cosa emergeva dai risultati e cosa è cambiato oggi: ce ne parla la Presidente di Onda Francesca Merzagora.

Nel 2016 Onda ha avviato delle indagini sul test BRCA e la sua diffusione in Italia. Cosa è emerso?

L’obiettivo di Onda è stato quello di fotografare la situazione in Italia rispetto all’utilizzo del test BRCA nell’ambito del tumore ovarico, ascoltando la voce di tutti i soggetti coinvolti sul tema, nello specifico: 212 ospedali con reparto di oncologia, 50 pazienti, 31 familiari e 15 medici oncologi.

I risultati illustrano come, nonostante quanto stabilito nelle Raccomandazioni delle Società Scientifiche, solo a 6 pazienti su 10 con tumore all’ovaio è stato proposto di eseguire il test e solo per una su tre è avvenuto nel momento più appropriato per eseguire l’esame, ovvero alla diagnosi della patologia, per scoprire se siano portatrici o meno di una mutazione dei geni BRCA. Inoltre, dai risultati si nota come 2 ospedali su 3 applichino in realtà regole più restrittive rispetto a quanto indicato nelle Raccomandazioni escludendo per esempio dal test le pazienti over 75 anni o con malattia in stadio avanzato.

I dati riportano anche come l’accesso al test non rappresenti un diritto garantito in modo uniforme in tutte le regioni. Tra le regioni incluse nello studio per esempio, Piemonte e Toscana si sono dimostrate quelle con maggiore inclinazione a consigliare il test inviando il 72% delle pazienti con tumore all’ovaio. Lombardia (43%) e Veneto (40%) invece tendono a indirizzarle meno. Solo 1 struttura su 4 possiede al suo interno un laboratorio di riferimento per eseguire l’esame e in molti casi, laddove non presente, viene consigliato alle pazienti addirittura di recarsi fuori regione. Dai dati emerge anche come il tempo per ricevere l’esito sia spesso elevato, in media più di 2 mesi.

Questi dati dimostrano quindi la necessità di uniformare l’offerta del test a livello nazionale per far sì che tutte le donne italiane possano accedervi in egual modo e di implementare laboratori certificati con controllo di qualità e tempi di risposta più rapidi.

Quali sono le priorità delle donne che avete ascoltato?

È la dimensione emotiva della prevenzione e della tutela della propria famiglia il driver principale per cui intraprendere il percorso diagnostico. Sottoporsi al test dà la possibilità di inserire i familiari in un percorso di screening che può salvaguardare la loro salute ed è questo il motivo più importante.

Anche le pazienti che non hanno potuto effettuare il test BRCA per cause non dipendenti dalla propria volontà, nella maggioranza dei casi hanno dichiarato che si sarebbero sottoposte al test se avessero potuto scegliere e ancora una volta la spinta motivazionale di questa scelta è proprio l’opportunità di prevenire casi di malattia in famiglia. L’importanza e il valore del test per le donne con carcinoma ovarico, benché esistano degli aspetti non del tutto chiari, si concretizza soprattutto nella possibilità di tutelare la propria cerchia familiare conoscendo con anticipo quello che potrebbe succedere e adottare le opportune misure di prevenzione onde evitare di sviluppare un cancro a loro volta. Una donna con storia familiare di tumore ovarico di origine genetiche, può infatti sottoporsi a controlli più ravvicinati o decidere, in casi estremi e ben motivati, di fare scelte più radicali. L’aspetto di cura per se stesse e il poter accedere a terapie specifiche e appropriate appare invece un elemento di secondaria importanza per le pazienti. Anche se una maggiore consapevolezza sul problema aiuta sicuramente a migliorare la gestione della propria malattia, per le pazienti intervistate questa condizione comporta inevitabilmente un impatto negativo a livello emotivo e psicologico. Alla luce di questa considerazione, si rende certamente necessario includere nell’ambito del percorso di presa in carico della donna anche un sostegno psicologico che le accompagni durante tutto l’iter pre e post-test.

 Esistono in Italia sufficienti professionisti in oncologia genetica in grado di rispondere ai numeri importanti dei tumori al seno e ovarico?

Sicuramente il nostro Paese offre una formazione specifica sul tema del rischio genetico ereditario in oncologia ed esistono diversi centri ospedalieri dedicati a livello nazionale. Un aspetto fondamentale, infatti, per la corretta gestione della paziente è che i professionisti coinvolti in questi percorsi acquisiscano una formazione specifica e seguano un adeguato aggiornamento.

L’offerta della consulenza genetica e del test genetico per i tumori ereditari della mammella e dell’ovaio è stata realizzata inizialmente in Enti sanitari a forte componente di ricerca (IRCCS, Aziende ospedaliere universitarie), sia entro strutture di genetica sia entro strutture di oncologia. In Italia si è assistito poi ad un progressivo aumento delle strutture che offrono consulenza genetica e test BRCA sulla spinta dell’aumento

della richiesta e grazie alla disponibilità di nuove tecnologie d’analisi che hanno diminuito i costi di laboratorio. Questa offerta nell’ambito del Servizio sanitario pubblico non è stata tuttavia governata con atti programmatori nazionali e/o regionali (con l’eccezione di alcune Regioni). In particolare, per quanto riguarda i laboratori che offrono il test BRCA, occorre ricordare che l’interpretazione del significato delle varianti BRCA necessita di un alto grado di esperienza specifica perché non vi sono ancora standard di refertazione. Pertanto è fondamentale identificare, attraverso criteri di qualità ed efficienza, i centri in cui i test BRCA possono essere effettuati.

Parlando nello specifico di cancro ovarico con mutazione dei geni BRCA, risulta fondamentale la figura del genetista per decidere se sussistono i requisiti per eseguire il test su quei soggetti che potrebbero sviluppare un tumore.

Secondo l’esperienza degli specialisti impegnati in prima linea sul tema però, in realtà le pazienti che hanno ereditato la mutazione spesso non vengono adeguatamente prese in carico dal Servizio Sanitario Nazionale, lasciandole sole nella gestione della problematica o talvolta viene data loro un’informazione non sempre corretta o facilmente accessibile. In questo senso assume un ruolo molto importante anche il Medico di Medicina Generale nel supportare le donne che sospettano una familiarità con i geni BRCA e nell’indirizzarle in un percorso personalizzato e controllato dagli specialisti di riferimento. Altra figura molto importante quando si parla di mutazione e di test BRCA è quella dello psicologo per affiancare la paziente e le sue familiari in tutte le fasi del percorso di presa in carico e di gestione della problematica.

Il test BRCA è entrato nella pratica clinica da circa 15 anni. Secondo lei, si è stati in grado di sfruttarne le potenzialità o è una occasione persa per la salute delle donne?

Sicuramente la disomogeneità regionale nell’accesso al test e la discrezionalità dei centri ospedalieri nell’utilizzo del test, non consentono un pieno sfruttamento delle potenzialità di questo strumento diagnostico. I fattori genetici sono considerati tra le principali cause che predispongono la donna a sviluppare un tumore ovarico o al seno rispettivamente circa il 15% e il 5 – 10% derivano dalla mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. Alla luce di questo, si rende sempre più necessario un monitoraggio controllato delle donne a rischio per garantirne una corretta presa in carico dal punto di vista clinico-assistenziale. Molto importante, quindi, sarebbe il poter instaurare un efficace flusso informativo tra specialista e paziente, così che anche la donna possa essere più consapevole della possibilità di prevenire o riconoscere precocemente un tumore al seno o alle ovaie per cui la tempestività diagnostica risulta fondamentale. L’accesso al test ed il referto del test devono infatti essere disponibili in tempi compatibili con le necessità cliniche della paziente. Inoltre, per ottimizzare le potenzialità di questo strumento è necessario che vengano identificati all’interno delle strutture sanitarie percorsi chiari e condivisi tali da permettere una adeguata presa in carico delle persone che accedono al test.

Oggi, a 2 anni di distanza dalla pubblicazione dei risultati siete riusciti a sensibilizzare le Istituzioni? Qualcosa è cambiato?

A livello di comunità scientifica oncologica è ampiamente condiviso che il test BRCA sia uno strumento decisionale importante nella pianificazione dei percorsi di prevenzione e nel trattamento delle pazienti con carcinoma mammario e ovarico, in quanto può permettere scelte terapeutiche appropriate per la singola paziente. Alla luce di questo, nell’ambito del progetto, Onda ha lanciato in Senato un appello rivolto alle Istituzioni presentando un documento redatto con la consulenza di un gruppo di esperti multidisciplinari e patrocinato dalle principali Società Scientifiche e dalle associazioni di pazienti. Tramite questa call to action si è voluto a mettere in luce le prospettive e le criticità relative all’accesso al test genetico BRCA, che dovrebbe essere un diritto garantito alle pazienti e alle loro familiari in modo omogeneo in tutta Italia, nel tentativo infine di inserire nei LEA questo importante strumento diagnostico. Il carcinoma ovarico in particolare è un tumore difficilmente diagnosticabile non dando sintomi evidenti e a causa della sua diagnosi spesso tardiva, purtroppo sviluppa nella maggior parte dei casi un’evoluzione complessa. Non esistono infatti screening efficaci per diagnosticare il cancro all’ovaio e quindi la strategia più idonea è data un’attenta sorveglianza presso centri specializzati. Nonostante la mutazione dei geni BRCA accresca il rischio di sviluppare un tumore alle ovaie e al seno e venga riconosciuta dalle Istituzioni l’importanza del test come misura per difendere la salute delle donne, rimane ancora molto da fare per riuscire a realizzare una rete di centri di riferimento e avviare un programma nazionale di genetica oncologica teso al superamento delle criticità attuali e alla miglior offerta di servizi alle donne e alle famiglie per individuare la predisposizione ai tumori dell’ovaio e della mammella.

Francesca Merzagora, Presidente Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere

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